Ml 3,1-4; Sal 23: Eb 2,14-18; Lc 2,22-40
Nonostante la straordinaria esperienza dello Spirito che i genitori di Gesù hanno avuto, in particolare sua madre, essi sono ancora ancorati alla tradizione del popolo che vede il rapporto con Dio basato sull’ osservanza, sull’obbedienza della sua legge.
L’evangelista in questo episodio vuole anticipare, raffigurare, la difficoltà che avrà Gesù nel proporre al suo Popolo, una diversa relazione con Dio, non più basata sull’obbedienza alle sue leggi, ma sull’ accoglienza del suo Spirito, del suo amore.
Ecco allora che l’evangelista, nell’episodio conosciuto come la presentazione di Gesù al Tempio, presenta due comitive contrarie.
Una raffigurata dai genitori di Gesù che portano il bambino per adempiere un inutile rito, perché essi intendono fare figlio di Abramo quello colui che è invece è già Figlio di Dio.
E dall’altra parte, l’uomo dello Spirito, Simeone, intenzionato ad impedire l’inutile rito.
I genitori vanno per la purificazione della madre – perché la nascita di un bambino rendeva impura la madre e quindi la donna doveva purificarsi attraverso un’offerta, e qui è l’offerta dei più poveri, di una coppia di tortore - e soprattutto per pagare il riscatto del figlio.
Ogni primogenito maschio che nasceva, infatti, il Signore lo voleva per sé.
Se i genitori lo volevano, dovevano pagargli l’equivalente di venti giornate di lavoro, cioè cinque sicli.
Ebbene l’evangelista, mentre Maria e Giuseppe con il bambino si dirigono verso il Tempio per compiere questo rito, ci presenta con sorpresa - l’evangelista adopera un’espressione che indica la meraviglia “Ecco, a Gerusalemme c’è un uomo di nome Simeone”, Simeone (che significa “il Signore è ascoltato”), è l’uomo dello Spirito, che tenta di impedire l’inutile rito.
Infatti Simeone prende il bambino tra le braccia mentre i genitori volevano adempiere ad ogni cosa della legge e pronuncia una profezia che lascia sconcertati i genitori.
Infatti di Gesù dice che sarà “gloria del suo popolo, Israele”, e questo Maria e Giuseppe lo sapevano, era il compito del Messia, del Figlio di Dio, ma, la novità,” luce per rivelarti alle genti” , cioè ai popoli pagani.
L’amore di Dio, annunzia Simeone, è universale, non è più per un popolo - il popolo eletto -, ma è per tutta l’umanità.
Pertanto i nemici di Israele, cioè i pagani, non dovranno più essere - come essi credevano, come la tradizione presentava - essere dominati, ma accolti da fratelli.
Poi Simeone, a Maria dà una benedizione, che finisce in una maniera abbastanza sinistra.
Dice che Gesù – e lo raffigura a quello che poi Luca più avanti nel suo vangelo presenterà come “una pietra”, una pietra che può essere angolare, che serve per la costruzione, o una pietra che fa inciampare
le persone, le fa sfracellare- ed infatti dirà di Gesù che “Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele” e, come segno di contraddizione, “anche a te” ,quindi si rivolge a Maria, la madre di Gesù, “una spada trafiggerà l’anima”, cioè la tua vita.
Qual è il significato di questa spada che trafigge l’intera vita di Maria?
La spada, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, è figura della Parola di Dio, che è efficace come una spada, dirà l’autore della lettera agli Ebrei, che “la parola di Dio è come una spada che arriva fino alle giunture e alle midolla e al punto di divisione dell’anima e dello Spirito”.
Quindi Simeone a Maria, che raffigura il popolo di Israele, le annuncia che la parola di questo Figlio per lei sarà come una spada che la costringerà a fare delle scelte, e delle scelte molto dolorose.
Infatti, nel prossimo episodio che l’evangelista presenterà, quello del ritrovamento di Gesù nel Tempio, farà sì che le prime e uniche parole che Gesù rivolgerà alla madre, saranno parole di rimprovero.
È ancora lungo il cammino di Maria. Maria dovrà comprendere che da madre del Figlio, dovrà trasformarsi in discepola.
Un cammino lungo e doloroso, come una spada che trafigge l’anima.
* Padre Alberto Maggi, OSM, Centro Studi Biblici G. Vannucci, a Montefano (Mc).