Dt 6,2-6; Sal 17; Eb 7,23-28; Mc 12,28-34
Nel tempio di Gerusalemme Gesù ha accusato la casta sacerdotale al potere di aver trasformato il tempio in una spelonca di ladri. Non solo, ma ha accusato i capi di essere assassini che per interesse lo ammazzeranno. Naturalmente vogliono ammazzare Gesù, ma non possono perché hanno paura della folla e allora c’è tutta una serie di attacchi contro Gesù per provare a diffamarlo, attacchi dai quali Gesù esce ogni volta più rafforzato.
Quindi dopo l’attacco dei farisei e quello dei sadducei è ora la volta dello scriba, leggiamo Marco, il capitolo 12, dal versetto 28.
Allora è collegato a questi attacchi, si accostò uno degli scribi, gli scribi sono i teologi ufficiali del tempo che già hanno deciso che bisogna eliminare Gesù. L’evangelista ha detto che cercavano il modo di farlo morire, già al capitolo secondo avevano accusato Gesù di essere un bestemmiatore e quindi doveva morire. Uno degli scribi che li aveva uditi discutere e visto come aveva loro ben risposto gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti”?
La domanda dello scriba non è volta ad apprendere, lui la risposta la sa già, ma vuole controllare qual è la posizione di Gesù perché Gesù ha un atteggiamento abbastanza distaccato nei confronti dei comandamenti. Qual è il primo di tutti i comandamenti ? Il primo di tutti i comandamenti è il comandamento che anche Dio osserva e qual è il comandamento che Dio osserva? Il riposo del sabato.
Pertanto, l’osservanza del riposo del sabato equivale all’osservanza di tutta la legge. La trasgressione del sabato equivale alla trasgressione di tutta la legge e per questo è punita con la morte. E Gesù non ha osservato il sabato, ha fatto diverse trasgressioni in questo giorno. Quindi la domanda era finalizzata non ad apprendere, ma a controllare, accusare.
Gesù rispose: “Il primo è, e qui è sorprendente la risposta di Gesù perché lo scriba gli ha chiesto qual è il primo, il più importante di tutti i comandamenti. Ebbene Gesù non cita nessun comandamento. Gesù si rifà al credo di Israele, Shemà Israele, Ascolta Israele, la preghiera che gli ebrei dovevano recitare due volte al giorno, alla mattina e alla sera, che si trova nel libro del Deuteronomio al capitolo sesto, dal versetto 4, ma non cita il decalogo. “Il primo è: Ascolta Israele!
Il signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, Gesù al testo ebraico aggiunge il possessivo per far vedere l’immediatezza, la forza di questo comando, con tutta la tua anima, è la vita, la psiche in greco, con tutta la tua mente e con tutte le sue forze”.
Ma per essere autentico l’amore verso Dio si deve tradurre in amore verso il prossimo e allora Gesù aggiunge a questa preghiera un precetto tratto dal libro del Levitico, al capitolo 19, e dice E il secondo è questo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Quindi c’è un amore a Dio assoluto e un amore al prossimo relativo. Questo è l’insegnamento per la comunità giudaica, ma non per la comunità di Gesù. Nella comunità di Gesù si lascerà un unico comandamento dove non viene richiesto l’amore a Dio perché il Dio di Gesù non assorbe gli uomini, ma comunica le sue energie e Gesù dirà “Vi lascio un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri”, questo lo troviamo nel vangelo di Giovanni al capitolo 13, versetto 34.
E Gesù, dopo aver espresso questo, conferma allo scriba che non c’è comandamento più importante di questo. Allora lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro”, ora finalmente lo scriba si rivolge a Gesù chiamandolo maestro, si riconosce il suo insegnamento, e secondo verità che Egli è unico e non vi altri all’infuori di lui, e nella risposta lo scriba omette la vita, dice amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso, ed ecco che lo scriba comprende finalmente qualcosa di nuovo, val più di tutti gli olocausti e i sacrifici. Già il profeta Osea aveva detto, era il Signore che parlava, “Voglio l’amore, la misericordia e non il sacrificio”, è questo che il Signore vuole e che Gesù è venuto a riproporre, non un sacrificio verso Dio, ma un amore verso gli altri. Questo è più importante di tutti gli olocausti e di tutti i sacrifici.
Ebbene Gesù vedendo che aveva risposto saggiamente gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio, perché non è lontano, ma non è vicino? Perché per entrare nel regno di Dio occorre la conversione e la conversione è basata su tre atteggiamenti che Gesù richiede: anziché accumulare per sé condividere generosamente con gli altri, anziché salire sopra gli altri abbassarsi con gli ultimi e anziché comandare servire, ma questo è difficile per uno scriba.
L’evangelista conclude che nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo, ma non si segnala nessuna reazione da parte dello scriba, non accoglie l’invito a far parte del regno. La sua era una domanda teorica, un’opinione scolastica, teologica, rimane all’interno della sua tradizione e non accoglie l’invito di Gesù, anche perché per entrare nel regno dovrebbe abbassarsi e dovrebbe mettersi a servire, e questo all’illustre teologo, al teologo ufficiale che rivestiva posizione importante nella società è quasi impossibile.
* Padre Alberto Maggi, OSM, Centro Studi Biblici G. Vannucci, a Montefano (Mc).