Sap 2,12.17-20; Sal 53; Giac 3,16-4,3; Mc 9,30-37
La prima Lettura, come il Vangelo hanno in comune il tema della passione e morte di nostro Signore. Mentre il libro della Sapienza parla del progetto degli empi che finisce nella morte del servo innocente “mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante”, nel Vangelo, invece, è proprio Gesù che, pur parlando della sua passione, contrariamente al progetto degli empi, va oltre alla morte “una volta ucciso dopo tre giorni risorgerà”.
Anzi, dà un senso alla sua passione e morte: la salvezza dell’umanità. Mentre egli legge la sua passione in chiave di disponibilità e di amore verso l’umanità, i discepoli, con le loro categorie mondane, discutono, tra di loro, chi è il più grande, per Gesù, il più grande è semplicemente colui il quale si mette al servizio dell’altro.
Il Figlio dell’uomo dev’essere consegnato
Gesù continua il suo percorso missionario e formativo: sta attraversando la Galilea e, nel frattempo, continua ad istruire i suoi discepoli, il contenuto del suo insegnamento è la croce ovvero la sua passione, morte e resurrezione. Si tratta del secondo annuncio. Dice la profezia di Isaia (Is 53,1-10), il Figlio dell’Uomo deve essere consegnato e condannato a morte. Verrà consegnato dagli uomini suoi fratelli, come realizzazione di un malvagio progetto, come è ben stigmatizzato nella prima lettura “mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante”.
Gesù legge la sua passione come realizzazione delle Scritture e come realizzazione della sua stessa missione: la salvezza dell’umanità. Come nel primo annuncio, in Mc 8,32, i discepoli lo ascoltano, ma non capiscono ciò che dice a proposito della croce. Però non chiedono chiarimenti, ma discutono tra di loro di tutta un’altra cosa. Il maestro chiede loro di che cosa stavano discutendo ma essi rimangono in silenzio, hanno paura che emerga la loro ignoranza ma soprattutto il loro progetto e la loro mentalità di grandezza terrena. Infatti, per la strada avevano discusso tra loro chi fosse più grande. La domanda che possiamo porci anche noi è perché i discepoli non capivano le parole di Gesù e avevano timore di interrogarlo.
Per Gesù era chiarissimo che la via del Messia doveva passare attraverso la croce e il dono della vita. Per i discepoli, invece, non era chiaro perché, per loro, la morte non poteva essere la via della vittoria. Perciò il Messia doveva essere vittorioso, doveva trionfare, non essere consegnato nelle mani dei nemici. Ecco perché i discepoli non capiscono e non sono neppure d'accordo con il cammino che Gesù ha scelto di seguire: la croce. La croce per loro non è segno di vittoria ma una via di fallimento.
Il percorso e l’orizzonte dei discepoli rimane fisso solo sulla croce, sulla morte, mentre quello di Gesù va oltre ed arriva alla resurrezione: “ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”. I discepoli non riuscivano ad oltrepassare la mentalità mondana che era già presente nella persona di Pietro che, subito dopo il primo annuncio della passione, consigliava Gesù di non accettare il progetto di Dio, ma Gesù fu chiarissimo: “Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. La stessa mentalità è ben presente anche in questo brano, ma si aggiungono altre due modalità dell’essere umano: la competitività e il desiderio di grandezza. Possiamo anche dire che i discepoli non capiscono la logica di Gesù perché sono versati nella logica mondana caratterizzata appunto dalla competitività e dalla mania di grandezza. Ma per Gesù tutto è ben chiaro: “Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti.”
Che sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti
Mentre Gesù parlava della sua passione per la salvezza dell’umanità, i discepoli indaffarati all’ interno della loro logica mondana, discutevano tra loro chi fosse il più grande. Si tratta del più grande all’interno di una mentalità di competitività e di prestigio. Mentre Gesù si preoccupa di essere il Messia Servo, i discepoli, invece, solo pensano a chi è il più grande. Gesù cerca di scendere, di mettersi al servizio, di farsi uguale agli altri, i discepoli, invece, cercano di salire, di essere superiori agli altri, di essere serviti. Sono alla ricerca del prestigio, della grandezza, dell’onore! Per Gesù, il potere deve essere usato non per salire e dominare, ma per scendere e servire.
La grandezza consiste dunque nel servire: chi non serve non è grande, non può essere il primo. Per essere primo, deve mettersi nel posto del servizio; deve mettersi al servizio dei piccoli, dei bambini. Ma si sa che una persona che solo pensa a salire e dominare, non può prestare tanta attenzione ai piccoli e ai bambini. Ma Gesù dice il contrario: accogliere i bambini, per Lui, il servizio consiste nell’accogliere le persone, soprattutto, gli umili e gli ultimi.
Il discepolo missionario è colui che sceglie la strada del servizio caratterizzato dall’accoglienza al più umile. Per il Papa Francesco la strada contro lo spirito del mondo è una sola: l’umiltà. Servire gli altri, scegliere l’ultimo posto, non arrampicarsi.
* Mons. Osório Citora Afonso, IMC, è vescovo ausiliare dell’Archidiocesi di Maputo, Mozambico.