Etiopia: da mercanti a “promotori di sviluppo”

Le prime missionarie della Consolata in Etiopia Le prime missionarie della Consolata in Etiopia Foto: Archivio MC
Pubblicato in I missionari dicono

In occasione del centenario della presenza delle Suore missionarie della Consolata in Etiopia (1924-2024),  offriamo alcune spunti di lettura per comprendere il contesto storico che i missionari e le missionarie hanno incontrato all’inizio della loro discreta e rispettosa presenza in questo grande Paese dell'Africa orientale.

La missione è un dono che ci spinge a donarci agli altri. Il cuore missionario anela alla missione e non riposa mai fino a quando non ha raggiunto il suo scopo.

Il Beato Giuseppe Allamano pur non essendo mai stato in Etiopia, con la mente e con il cuore, nutriva un forte desiderio di arrivarci per conoscere quel popolo e continuare l’opera di evangelizzazione cominciata dal grande vescovo missionario, il cappuccino Guglielmo Massaia, che l’Allamano aveva avuto modo di incontrare e ascoltare. Fu impressionato da quell’incontro, un ricordo indelebile a cui continuamente ritornava per rinnovare lo zelo e la passione per quelle terre battute dal grande vescovo missionario.

Un fuoco era stato acceso per non spegnersi mai più, il fuoco della missione. Guidato dallo Spirito Santo e dalla Santissima Vergine Consolata, sostenuto dal cardinale Richelmy e dal suo amico e collaboratore Camissasa, nel 1901 l’Allamano fondò l’Istituto dei Missionari della Consolata e nel 1910 le missionarie che potessero raggiungere la tanto sospirata terra di Etiopia.

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Il primo gruppo delle missionarie della Consolata in Etiopia. Foto: Archivio MC

I primi missionari non riuscirono a raggiungere quella meta e furono costretti, fin dai primi momenti, a ripiegare in Kenya nella speranza che circostanze più favorevoli potessero favorire il passaggio della frontiera. Dal Kenya, Mons. Perlo, incaricato di eseguire il piano di apertura della nuova missione, dava una mano a Mons. Gaudenzio Barlassina per cercare una via d’ingresso al Kaffa in Etiopia.

Solo dopo alcuni anni di pazienza e ripetuti tentativi nel 1914 un piccolo gruppo guidato da padre Angelo Dal Canton partiva per l’Etiopia ma dovette rimanere per diversi mesi a Moyale, sul confine tra Kenya e Etiopia, in attesa di ottenere i documenti necessari per entrare. Nel frattempo, il Camisassa, da parte sua, era in stretto contatto con le autorità italiane in Addis Abeba, perché in quell’epoca le missioni erano considerate non solo opere religiose e di civilizzazione, ma anche avamposti di “italianità”.

Alla fine, il padre Canton ricevette un permesso di soggiorno a Burgi, al confine con il Kaffa nella parte meridionale dell’Etiopia, ma l’anno anno seguente fu costretto a lasciare il paese per varie ragioni, di carattere religioso e politico.

Nel frattempo, i missionari in Kenya continuavano a cercare nuove vie per raggiungere l’ambita meta e anche l’Allamano asseconda e accompagna questo loro impegno. Era talmente fiducioso che quel “sogno” potesse realizzarsi che fece partire Mons. Barlassina per il Kenya, dove arrivò nel mese di febbraio 1915 con l’intento di proseguire, superati gli ostacoli burocratici, per il Kaffa.

Mons. Barlassina era un missionario coraggioso e determinato, creativo e visionario al punto che escogitò una nuova strategia di ingresso in Etiopia. Prima di tutto seguì un altro itinerario: da Mombasa passò per Mogadisco, Aden e Gibuti per giungere finalmente ad Addis Abeba nella notte di Natale del 1916. L’autorità locale, incuriosita, indagava clandestinamente chi fosse questo “strano personaggio”: un militare travestito, una spia tedesca, un agente di commercio oppure un giornalista?

Mons. Barlassina incontrò il Principe Tefarì Mekonnen (il futuro imperatore Haile Selassiè I) e presentò delle motivazioni umanitarie come ragione del suo ingresso in Etiopia: la formazione intellettuale e morale del popolo etiope attraverso l’agricoltura e il commercio. Dopo aver ottenuto dal capo locale, per sé e per i suoi due compagni, una licenza commerciale scritta, Barlassina iniziò così, in modo clandestino, l’attività missionaria presso la Prefettura apostolica del Kaffa.

L’arrivo delle missionarie della Consolata

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Alcune Missionarie della Consolata dell'Etiopia

Nel 1924 arrivano anche le suore missionarie della Consolata che appunto quest’anno festeggiano il centenario della loro presenza evangelizzatrice e della missione di consolazione in Etiopia, portando a compimento il sogno del nostro padre Fondatore Giuseppe Allamano.

I missionari e le missionarie nel loro modesto inizio erano consapevoli, a differenza di altre situazioni in Africa, che era necessaria una buona dose di umiltà, di rispetto e di ascolto per non irritare i sacerdoti della Chiesa locale o risvegliare l’animosità dei capi locali in una nazione che aveva una Chiesa ortodossa con una tradizione apostolica millenaria, con dei propri libri sacri, manoscritti antichi, templi, teologia, letteratura e un proprio rito liturgico.

Gradualmente, con il passare degli anni, il sogno del Fondatore prende corpo nella creazione di diverse stazioni di missione: Ghimbi, Billo, Anderacha, Umbi, Magi, Komto, Melka Oda, Guder, Cianna, Gimma, Bonga, etc.

A causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale e del conseguente conflitto italo-etiopico, queste missioni rimarranno abbandonate per circa trent’anni: tutti i missionari e le missionarie furono espulsi dal paese. Padre Gaudenzio Barlassina aveva fondato le Suore Ancelle di Maria Consolata che continuarono una presenza che durò fino al ritorno delle missionarie della Consolata nel 22 agosto 1974. Alcuni missionari rientrano come cappellani dell’esercito di invasione italiano oppure come interpreti. Ma che questa fosse una scelta saggia di Mons. Barlassina è tuttora discutibile!

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Messa nella Festa del Fondatore 2024 con la partecipazione della Direzione Generale, dei seminaristi, missionari e missionarie della Consolata.

Dopo la tragedia della guerra, si prospetta l’alba di un faticoso nuovo inizio. Espulso durante la guerra, l’Istituto dei Missionari della Consolata dovrà lottare per ritornarci. Negli anni 60 lavorava a Nyeri nel Kenya, padre Giovanni de Marchi, italiano, proveniente dagli USA e in possesso di passaporto americano. Come un degno figlio dell’Allamano, anche padre de Marchi sognava si riportare l’Istituto in Etiopia e questo avvenne agli inizi degli anni ’70 grazie al suo impegno e all’incontro del Superiore Generale, padre Mario Bianchi con l’imperatore Hailè Selassiè in visita a Torino.

I primi sette missionari protagonisti di questa miracolosa “alba di un nuovo giorno”, entrarono nel paese sottoforma di “promotori di progetti di cooperazione allo sviluppo” e furono i seguenti: Giovanni De marchi, Lorenzo Cavallera, Lorenzo Pietro Ori, Silvio Sordella, Antonio Vismara, Domenico Zordan e Tarcisio Rossi. Nel 1974 anche le missionarie della Consolata li raggiungeranno per riprendere il loro servizio nella pastorale degli ammalati, delle donne e della gioventù.

Attualmente i missionari della Consolata sono presenti nell’archidiocesi di Addis Abeba (Addis Abeba, Modjo), nel vicariato Apostolico di Meki (Weragu, Gambo ed Halaba). Grazie a Dio continua la fioritura di vocazioni missionarie locali: sono circa 20 i missionari della Consolata Etiopici che lavorano in tre continenti e c’è un buon numero di seminaristi nelle case di formazione. Ugualmente, abbiamo parecchie Suore Missionarie della Consolata etiopi sparse nel mondo.

Dopo il tramonto viene sempre un’alba nuova! Dopo la tempesta, riappare il sole! Auguri!

* Padre Ashenafi Yonas Abebe, IMC, studia storia della Chiesa a Roma.

Ultima modifica il Venerdì, 14 Giugno 2024 23:07

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