La lettera del Superiore Generale dei Missionari della Consolata ricordando i confratelli defunti.
La morte è come una porta aperta sull’altra parte della vita e dell'esistenza. Come discepoli di Cristo risorto, crediamo che coloro che sono morti sono accolti nell'abbraccio amorevole ed eterno di Dio. Gesù ci dice che “Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui” (Lc 20:38). Attraverso queste parole di Gesù, sappiamo che i nostri cari non se ne sono mai andati veramente. Solo un velo sottile ci separa, ma l'amore continua a creare un legame tra noi e loro. Affermiamo e crediamo anche che l'essenza della loro storia, continua a restare con noi quando viviamo l’amore, la gioia, la passione per il Vangelo e per i poveri che da loro abbiamo imparato.
È certamente un gesto evangelico visitare le tombe dei nostri cari, soprattutto nel mese di novembre. Gesù stesso si recò presso la tomba di Lazzaro per chiamarlo fuori e risuscitarlo dai morti. La mattina della Risurrezione, Maria Maddalena si stava recando alla tomba di Gesù per rendergli omaggio quando scoprì che era vuota. Ci esercitiamo nel desiderio del Paradiso, quando visitiamo le tombe dei nostri cari, in attesa del giorno in cui Dio chiamerà i morti dalle loro tombe alla pienezza della risurrezione.
Come molte persone che visitano le tombe dei loro familiari e con loro parlano, anche noi siamo chiamati a fare altrettanto. In queste giornate dedicate alla commemorazione dei nostri defunti famigliari e confratelli, anche noi siamo invitati ad instaurare con loro un dialogo carico di ricordi, di affetto e riconoscenza.
Parliamo con i nostri confratelli defunti e manteniamo la bella consuetudine di ricordarli leggendo le loro storie e raccontando ad altri, soprattutto ai confratelli giovani, le varie esperienze di Missione da loro vissute e i dialoghi avuti con loro. Realizzeremo in questo modo il desiderio del nostro amato Beato Fondatore, il primo con cui avere un “dialogo costante e filiale” e da cui trarre ispirazione per la nostra vita.
“Come è bello nelle comunità, quando si dice: ricordiamo l’anniversario della morte del confratello o della consorella…Tutti sono così invitati a pregare per essi. E tutto quanto si compie nella comunità è pure sempre a loro suffragio. La comunità sarà sempre formata dai vivi e dai defunti, né questo vincolo si scioglierà più, neppure in paradiso.” (Così vi voglio, 84)
Il ricordo dei nostri cari confratelli missionari defunti, genitori, parenti, amici e benefattori, deve spronarci a imparare dalla loro vita, dalle loro lotte e dalle loro sfide, dall'amore che hanno dimostrato e dal bene che hanno fatto. Per onorare la loro memoria ci è richiesto di portare avanti l’insegnamento e le ispirazioni contenute nelle loro storie, la loro saggezza e l'amore che hanno lasciato nei nostri cuori da condividere con altri.
La loro memoria deve trasformarsi cioè, in un impegno concreto affinché anche noi facciamo la nostra parte per costruire una società basata sulla giustizia e sulla pace, in cui ogni persona sia amata e rispettata e possa vivere dignitosamente.
Dio eterno e amorevole, ti lodiamo per il dono della vita. Ti ringraziamo per il dono delle nostre famiglie, degli amici, dei benefattori e di tutti i nostri cari. Ti ringraziamo anche per il dono di questa nostra famiglia, di missionari della Consolata, dove condividiamo nella Missione, le fragilità, le aspettative, i progetti, la preghiera e le celebrazioni.
* P. James Lengarin è Superiore Generale dei Missionari della Consolata