Domenica della XXIV settimana del Tempo ordinario (Anno A). Settanta volte sette

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Pubblicato in Domenica Missionaria
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Sir 27,33-28,9;
Sal 102;
Rm 14,7-9;
Mt 18,21-35.

Meditiamo la terza parte del “Sermone della Comunità” (Mt 18,21-35), in cui Matteo riunisce le parole e le parabole di Gesù sul perdono senza limiti.

Il paragone di cui si serve Gesù per illustrare l’obbligo di perdonare e riconciliare unisce parabola ed allegoria. Quando Gesù parla del Re che vuole fare i conti con i suoi servi, pensa già a Dio che perdona tutto. Quando parla del debito del servo perdonato dal re, pensa al debito immenso che abbiamo dinanzi a Dio che ci perdona sempre. Quando parla dell’atteggiamento del servo perdonato che non vuole perdonare, pensa a noi, perdonati da Dio, che non vogliamo perdonare i nostri fratelli. - Alla fine del primo secolo, i giudei-cristiani delle comunità di Siria e Palestina avevano problemi seri e gravi di riconciliazione con i fratelli e le sorelle della stessa razza. Nel periodo del grande disastro della distruzione di Gerusalemme da parte dei romani, negli anni ’70, tanto la Sinagoga come la Ecclesia, si trovavano in una fase di riorganizzazione nella regione di Siria e Palestina. Per questo c’era tra di loro una forte tensione, crescente, che era fonte di molta sofferenza nelle famiglie. Questa tensione costituisce lo sfondo al Vangelo di Matteo.

Dinanzi alle parole di Gesù sulla riconciliazione, Pietro chiede: “Quante volte devo perdonare? Sette volte?” Sette è un numero che indica perfezione e, nel caso della proposta di Pietro, sette è sinonimo a sempre. Gesù vede più lontano. Elimina qualsiasi possibile limite al perdono: “Non fino a sette, ma settanta volte sette!” Settanta volte sempre! Perché non c’è proporzione tra il perdono che riceviamo da Dio ed il nostro perdono verso il fratello e la sorella. Per chiarire la sua risposta a Pietro, Gesù racconta una parabola. E’ la parabola del perdono senza limiti!

Quando parla del Re, Gesù pensa a Dio. Un servo ha un debito di diecimila talenti con il re. Cioè, 164 tonnellate d’oro. Sotto ogni punto di vista un debito impagabile. Detto con altre parole, non saremo mai in grado di toglierci il debito che abbiamo con Dio. Impossibile! (cf Salmo 49,8-9)

Dinanzi alla richiesta insistente del servo, il re gli perdona un debito di 164 tonnellata d’oro. Un compagno ha con lui un debito di cento denari, cioè di 30 grammi d’oro. Non esiste paragone tra i due debiti! Un granello di sabbia ed una montagna! Davanti all’amore di Dio che perdona gratuitamente il nostro debito di 164 tonnellata d’oro, non è altro che giusto perdonare il debito di 30 grammi d’oro. Ma il servo perdonato non volle perdonare, neanche davanti all’insistenza del debitore. Agisce con il compagno come il re avrebbe dovuto agire con lui e non lo fece: ordinò che fosse messo in carcere fino a pagare i 30 grammi d’oro! Il contrasto parla da solo, non ha bisogno di commenti!

Morale della parabola: “Così anche il mio padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello!” L’unico limite alla gratuità della misericordia di Dio che ci perdona sempre è il nostro rifiuto di perdonare il fratello! (Mt 18,34; 6,12.15; Lc 23,34).

In occasione della guerra in Iraq, il Papa Giovanni Paolo II aveva gridato in una pubblica udienza: “La guerra è Satana!” e invitato tutti di lottare per la pace. Nell’incontro ecumenico con rappresentanti di giudei e mussulmani a Gerusalemme, nell’anno 2000, il Papa aveva detto: “Non possiamo mai invocare il nome di Dio per legittimare la violenza!” 

L’ultima frase dell’Antico Testamento, con cui il popolo di Dio entrò nel Nuovo Testamento e che esprime il nucleo della sua speranza messianica di riconciliazione, è l’oracolo finale del profeta Malachia: “Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore, perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio” (Mal 3,23). Ricondurre il cuore dei padri verso i figli ed il cuore dei figli verso i padri significa ricostruire il rapporto tra le persone. Non ci sarà un futuro di pace se non si compie un grande sforzo per ricostruire i rapporti umani nel nucleo minore di convivenza, cioè nella famiglia e nella comunità. La comunità è lo spazio dove le famiglie si riuniscono per poter conservare e trasmettere meglio i valori a cui credono. Il disinteresse entrò nel mondo con il primo figlio nato dalla prima unione: Caino che uccide Abele (Gn 4,8). Questo disinteresse è cresciuto con la vendetta raddoppiata.

Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette (Gn 4,24). Pietro vuole rifare l’errore e propone una riconciliazione di sette volte (Mt 18,21). Ma la sua proposta è timida. Non va alla radice della violenza. Gesù va molto più lontano ed esige settanta volte sette (Mt 18,22). Fino ad oggi, e soprattutto oggi, la riconciliazione è il compito più urgente che deve essere svolto da noi, seguaci di Gesù. Vale la pena ricordare sempre l’avvertenza di Gesù: “Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello!” Settanta volte sette!

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