Carlo Acutis, protettore 2023. Abitare da cristiani il nostro mondo

Il luogo dove si conserva il corpo di Carlo nella chiesa della spogliazione (Assisi) Il luogo dove si conserva il corpo di Carlo nella chiesa della spogliazione (Assisi) Foto papaboys
Pubblicato in I missionari dicono

Carissimi Missionari e Missionarie, per l’anno 2023 abbiamo scelto, come nostro patrono, il Beato Carlo Acutis. Il motivo che ci ha indotto a tale scelta è stata la sua vita semplice e profonda, l’amore appassionato all’Eucaristia, la frequentazione assidua della Parola, il rapporto intimo e delicatissimo con Maria, l’attualità della sua persona e della sua esperienza, l’approccio fruttuoso e maturo al mondo della comunicazione come dimensione da abitare, ove seminare il Vangelo.

Fin da piccolo Carlo manifesta una caratteristica tipica del suo carattere: una grande curiosità sul mondo che lo circonda, sul mistero della vita e specialmente riguardo le questioni di tipo religioso. La sua curiosità si accompagna a un’intelligenza viva e propositiva. Carlo si appassiona al mondo del computer, lo studia, legge libri di ingegneria informatica e, quando riesce a carpire i segreti della rete, utilizza la sua conoscenza per aiutare i suoi amici, specialmente i più deboli.

All’età di sette anni riceve la prima comunione. Da allora, secondo il racconto della mamma, «non mancò mai alla messa quotidiana e alla recita del santo rosario». E’ fortemente innamorato dell’Eucaristia da divenirne un vero apostolo, non solo presso i suoi amici, i suoi coetanei e i più piccoli, quando ne diventa catechista, ma anche verso la sua comunità, manifestando una delicata sensibilità cristiana che diventa una delle più affascinanti caratteristiche della sua vita. L’adolescente Carlo Acutis con parole semplici, ma molto significative, amava ripetere, come fosse uno slogan: «L’Eucarestia è la mia autostrada per il Cielo».

Purtroppo, la storia terrena del giovane Carlo non dura a lungo. Agli inizi di ottobre del 2006 si sente male. Inizialmente si pensa sia una semplice febbre oppure una normale influenza, ma il persistere dei sintomi e le successive analisi mediche portano a una diagnosi infausta: leucemia di tipo M3, incurabile. Carlo viene ricoverato nell’Ospedale San Gerardo di Monza. Nei giorni del suo ricovero, nonostante i forti dolori che lo affliggono, Carlo non si lamenta mai, anzi, alle infermiere che gli chiedono come sta, egli sempre risponde: "Bene, qui c’è gente che sta peggio di me". Conscio della sua prossima fine, fa la sua ultima offerta: "Offro al Signore le sofferenze che dovrò patire per il Papa e per la Chiesa, per non dover andare in Purgatorio e per poter andare direttamente in Paradiso".

Carlo amava ripetere: "La nostra meta deve essere l’infinito, non il finito. L’infinito è la nostra patria. Da sempre siamo attesi in Cielo", e spesso diceva anche: "Tutti nascono come originali ma molti muoiono come fotocopie". Per marciare verso questa meta e non dover "morire come una fotocopia", Carlo diceva che la nostra bussola deve essere la Parola di Dio, con cui dobbiamo confrontarci costantemente. 

I suoi funerali sono una scoperta per gli stessi genitori: vi partecipano persone di ogni ceto sociale, soprattutto poveri, immigrati, bisognosi, ammalati, che raccontano un Carlo inedito. Egli è descritto come un giovane che si avvicinava a loro, li aiutava, li faceva sentire amati, ma il tutto nel nascondimento, senza farsi vedere neppure da sua madre. È un  atteggiamento tipico  dei santi. Chi  ama Gesù nascosto nell’Eucaristia non può non amarlo sofferente nell’umanità.

La figura di Carlo Acutis non è legata a miracoli straordinari o atti di romanzesco eroismo. Egli è stato un giovane come tanti altri, tuttavia, nella sua normale giovinezza, ha saputo cogliere qualcosa che la maggior parte dei suoi coetanei ignorano del tutto: il potere e la grazia dell’Eucaristia. Fra le tentazioni del mondo che ammalia e ubriaca, Carlo è riuscito a sentire il sottile sussurro del Signore, che lo invitava ad una vita autentica e vera. 

Nell’esperienza di Carlo ci sembra di ritrovare alcuni aspetti che il nostro Beato Fondatore ha vissuto e trasmesso ai suoi figli e figlie. Il Fondatore ci esortava ad essere “sacramentini”, ad avere un grande amore per l’Eucarestia e a celebrarla con devozione e dignità, ad identificarci con il Cristo nel Suo Mistero Pasquale. La recita giornaliera del Santo Rosario era per Carlo espressione di delicato amore per la Santa Madre di Gesù, di cui il Fondatore era innamorato e che ci presenta come nostra Madre tenerissima, la Consolata.

La passione sana e fruttuosa di Carlo per il mondo della comunicazione è un altro aspetto che, quali missionari e missionarie, ci interpella da vicino. Siamo consapevoli del valore della comunicazione per la nostra Famiglia Religiosa Missionaria, che ha come fine specifico l’annuncio del Vangelo ai non cristiani, e di come il mondo digitale possa offrire una grande opportunità di annuncio. Padre Fondatore fu un sacerdote convinto dell’importanza della comunicazione e fu aperto e attento ai mezzi del suo tempo. Non c’è dubbio che l’Allamano stimasse e sostenesse con convinzione il giornalismo cattolico.

Papa Francesco, nei suoi Messaggi annuali in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, evidenzia in più modi l’importanza della rete come mezzo attraverso il quale il messaggio cristiano può raggiungere nuove frontiere: «anche grazie alla rete il messaggio cristiano può viaggiare “fino ai confini della terra” (At 1, 8). Aprire le porte delle chiese significa anche aprirle nell’ambiente digitale, sia perché la gente entri, in qualunque condizione di vita essa si trovi, sia perché il Vangelo possa varcare le soglie del tempio e uscire incontro a tutti... La comunicazione concorre a dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa, e le reti sociali sono oggi uno dei luoghi in cui vivere questa vocazione a riscoprire la bellezza della fede, la bellezza dell’incontro con Cristo».

Ci chiediamo, nel contesto del cammino missionario dei nostri Istituti, cosa significa per noi considerare la comunicazione digitale come uno spazio abitato da persone che noi possiamo raggiungere, spesso, solo abitandolo noi pure e interagendo in rete? Lo spazio virtuale non è necessariamente irreale, anzi, dietro ad uno schermo, dietro ad un cellulare, c’è sempre una persona con la quale possiamo entrare in relazione e alla quale comunicare il Vangelo. Se la comunicazione è un Continente, il Continente digitale, come lo chiama Papa Francesco, in quale modo siamo presenti in questo Continente? Come il nostro Carisma abita, feconda, si muove, intercetta l’ad gentes in questo Continente?

Chiediamo a Carlo di esserci vicino nel nostro cammino missionario e di intercedere presso Dio affinché gli occhi della nostra mente e del nostro cuore si aprano a riconoscere le vie della missione, oggi! Affidiamo pure alla sua intercessione i due Capitoli generali ormai alle porte, perché siano occasioni benedette di revisione e rilancio del cammino di santità missionaria di ognuno e ognuna di noi, di ogni nostra comunità, dei due Istituti, della nostra Famiglia Consolata!

*P. Stefano e Suor Simona sono i Superiori Generali dei Missionari e delle Missionarie della Consolata

Testo completo della lettera in ITALIANO e INGLESE

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