Riccardo Pampuri

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Era il primo maggio del 1930 quando a Milano si spegneva Riccardo Pampuri, religioso dei Fatebenefratelli, da tutti conosciuto come il “Dottor carità” per la dedizione con cui si era prodigato in veste di medico a servizio in particolare dei più poveri. La sua storia ricordata in questo servizio da Alessandro De Carolis:

C’era, tra i suoi colleghi, a chi non andava già tutto quel darsi da fare, senza respiro, come se il malato da curare fosse questione di vita o di morte. In realtà era proprio quest’ultima che non interessava molto ai medici che criticavano la passione intrisa di pietà verso gli infermi mostrata in ogni circostanza da Riccardo Pampuri. Prenditela con calma, gli dicevano, “tanto si nasce e si muore anche senza di noi”.

Il medico dei poveri

Non era invece così per il “dottorino”, come lo chiamavano - il decimo di undici figli nato in provincia di Pavia il 2 agosto 1897 e diventato medico sull’esempio dello zio che lo aveva cresciuto. Quando a 24 anni gli viene affidata la “condotta” di Morimondo, nella piana milanese, i 1.800 abitanti che popolano i cascinali imparano presto ad amare quel giovane medico e il perché lo spiega Fra Marco Fabello, religioso dei Fatebenefratelli:

“I sei anni che ha fatto come medico condotto a Morimondo sono un esempio per il medico condotto di oggi: questo andare nelle case dei poveri, lasciare le sue scarpe, portare i soldi a chi non poteva comprare i farmaci… Ecco, mi pare che oggi molte similitudini siano presenti. Io ho conosciuto un medico di Roma, morto pochi mesi fa, che era il medico dei poveri, un medico di strada, e praticamente in altre forme, in altro modo, in tempi più moderni potrebbe essere paragonato a un Santo del nostro tempo. Conosceva bene la vita di San Riccardo Pampuri, per altro, e anche con il discorso degli immigrati ma non solo, con le famiglie povere italiane in questo momento: ci sono molte persone che fanno le stesse cose che faceva San Riccardo Pampuri. Bisognerebbe metterle più in evidenza, farle conoscere di più perché accanto al tanto male che si sente, c’è anche tanto bene che viene distribuito.

Esempio per la medicina di oggi

La medicina è per Riccardo un modo per amare Cristo nei più deboli. Il giovane dottore, stimatissimo per la sua bravura, è anche un uomo di fede, con la seconda che nutre la prima. Anche il suo cavallo impara presto a fermarsi e ad aspettare pazientemente il padrone davanti alla chiesetta nella quale entra appena può per pregare con la stessa intensità con cui si dedica ai pazienti:

“Lui era medico: faceva il medico, ma faceva anche il compagno di strada, faceva anche un po’ il consigliere delle mamme che andavano con i bambini a togliere i denti… Essere medico era solo una scusante in più per essere vicino ai malati dal punto di vista umano. E questo forse è quello che manca oggi nelle strutture sanitarie: l’umanità. E infatti sentiamo parlare spesso di scandali, trattamenti maldestri dei malati, malati che vengono picchiati, eccetera: non dobbiamo generalizzare per non cadere nel lato opposto, ma è chiaro che l’esempio di San Ricardo oggi, se fosse riconosciuto e sviluppato meglio, potrebbe essere anche per la realtà assistenziale pubblica un segno importante”.

Professione, umanità, sapienza

L’amore per Dio che gli brucia il cuore lo spinge a consacrarsi. Il 21 ottobre 1927, riceve il saio di “fratello” dei Fatebenefretelli e comincia il noviziato. Si muove come uno fra tanti, anche se chi gli è vicino si accorge presto dell’uomo, della caratura della sua mente e della sua anima:

“Ha vissuto la sua vita religiosa nell’umiltà più forte e nello stare con i confratelli in modo molto umile, come se fosse l’ultimo dei religiosi, facendo tutte le cose che facevano allora i giovani religiosi: lavando, pulendo, spazzando le scale, eccetera. Come medico, credo che miglior professionista non si potesse trovare, perché la sua professione in realtà era intrisa di umanità e di sapienza che veniva anche dal suo grande amore di Dio. Io credo che oggi noi, come religiosi, abbiamo proprio questo da imparare da lui: non può che essere il nostro continuo riferimento e compagno di viaggio”.

Gli ultimi anni di vita arrivano presto per Riccardo Pampuri. Pleurite e febbre lo scavano, lui continua il suo lavoro nell’ambulatorio dentistico con lo stile di sempre: nessuna pausa perché neanche le malattie aspettano. “Se il Signore mi lascia, sto qui volentieri, se mi toglie, vado volentieri da Lui”, dice a tanti. E quell’incontro avviene, il primo maggio di 76 anni fa, a 33 anni.

 

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