Fra conquista e sofferenza

Assamblea Hutukara (maggio 2022). Memoria e celebrazione di trent'anni del riconoscimento del territorio indigeno degli Yanomami. Assamblea Hutukara (maggio 2022). Memoria e celebrazione di trent'anni del riconoscimento del territorio indigeno degli Yanomami. Foto: Corrado Dalmonego
Pubblicato in Missione Oggi

La terra Indigena Yanomami (TIY) compie trent’anni di esistenza. Questo anniversario è stato celebrato nella comunità di Xihopi, che ha riunito più di 500 partecipanti provenienti da tutto il territorio indigena. I ritmi e i rituali sono stati quelli tipici di una reahu (festa) Yanomami: si sono susseguiti dialoghi cerimoniali, danze, canti ed elementi di politica indigena tradizionale nella quale i responsabili delle comunità si sono impegnati in lunghi ed estenuanti dialoghi notturni necessari per costruisce un consenso. Non sono poi neanche mancati incontri e dibattiti: elementi propri di una politica “presa in prestito” alla società occidentale.

“Prendere in prestito” è un termine che, in diverse occasioni nei loro interventi, Daví Kopenawa e Dário Vitório Kopenawa hanno usato riferendosi alla lingua portoghese, alle forme organizzative e associative, ad altri elementi della società napë (non-Yanomami) che sono stati adottati fondamentalmente come strumenti necessari per lottare e difendere i diritti oggi più che mai minacciati. Queste sono le "frecce" necessarie per affrontare la violenza di una società anti-indigena. Nella festa di Xihopi, come ha sottolineato Davi Kopenawa, non ci sono solo stati sentimenti di gioia, ma anche una profonda preoccupazione.

Molti dei residenti delle comunità yanomami che hanno partecipato all'evento hanno raccontato le aggressioni e le violenze subite come conseguenza dell'estrazione mineraria illegale e delle azioni delle organizzazioni criminali ad essa associate. Questi racconti sono stati un triste aggiornamento di quanto già denunciato, a più riprese, dalla Hutukara Associação Yanomami (HAY) e pubblicato, nell'aprile 2022, nel rapporto "Yanomami under Attack". Questo rapporto ha fatto emergere narrazioni vivide e pulsanti dell'angoscia e della paura con cui le donne e gli uomini Yanomami devono vivere nella loro terra devastata e invasa.

In queste narrazioni c’è la testimonianza di crimini di ogni tipo: invasione di terre indigene, crimini ambientali, violenza contro il patrimonio dell'Unione, violenza contro le persone, attività illecite... I racconti degli Yanomami sottolineano la violenza fisica e l'impatto sulla loro società e sulla loro salute: omicidi, stupri, adescamento attraverso la distribuzione di bevande alcoliche, armi e droghe, perdita dell'autonomia alimentare, mancanza di assistenza sanitaria. Tutti questi elementi caratterizzano un vero e proprio genocidio che continua a essere perpetrato 30 anni dopo la ratifica del TIY e più di 30 anni dopo l'entrata in vigore della Costituzione federale, che riconosce i diritti dei popoli indigeni che esige la difesa di territori, usi e tradizioni.

Con la memoria si alimenta la lotta

Gli interventi dei leader yanomami e degli ospiti presenti non si sono limitati a denunciare la grave situazione, ma hanno cercato anche di individuare percorsi di resistenza attiva. Di fatto, trent’anni fa, in una situazione per certi aspetti simile, la volontà politica e l'impegno concreto delle comunità e di tante persone hanno portato alla delimitazione e alla deindustrializzazione della più grande terra indigena del Brasile e tutto questo sotto gli occhi del mondo intero che cominciava a vedere i primi segni della crisi ecologica e il dramma dei popoli indigeni.

Contro coloro che affermano l'inevitabilità di "legalizzare l'attività mineraria" e così "regolamentare le attività illegali" è invece apparso evidente che esistono possibilità e strategie efficaci per adempiere al dovere e alla responsabilità della nazione di proteggere i diritti e la vita dei popoli indigeni. Per combattere il complesso fenomeno dell'estrazione mineraria illegale è semplicemente necessaria una solida volontà politica disposta ad affrontare i gruppi economico-finanziari, le organizzazioni criminali e le strutture di supporto logistico che la sostengono.

Come ricorda Davi Kopenawa, la forza viene dagli xapiripë (gli spiriti), dalla terra, dall'unione dalla gioventù del popolo. Bisogna coltivare i germogli di vita che si possono vedere per sostenere la fiducia nella lotta e non perdere la speranza. Con la presenza del capo Megaron, dei leader Mundurukú e di altri popoli, sono stati consolidati i legami dell'Alleanza in Difesa dei Territori, fondata nel 2021. 

È importante evidentemente anche l'impegno di politici come la deputata federale Joenia Wapichana e la senatrice Eliziane Gama, di rappresentanti di organismi internazionali come l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e di vari membri di organizzazioni che sostengono la causa indigena.

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Ascoltare la voce della foresta

Il discorso di Davi Kopenawa è stato piuttosto duro: mon si è abbandonato a un falso ottimismo. La consapevolezza del legame tra la tragedia locale degli Yanomami e gli impatti globali della crisi ambientale e climatica era evidente. È triste la contrapposizione tra il grido dell'urihi, la foresta-terra degli Yanomami, nella sua dimensione fisica, biologica, sociale e spirituale, e quello di "urihi a pata", il cosmo nella sua dimensione globale. 

Davi Kopenawa dimostra che l'insostenibilità del modello di sviluppo prevalente minaccia di morte ogni essere: foresta, acqua, animali, pesci, esseri umani e non umani, Yanomami e non Yanomami. Il leader indigeno afferma: "Urihi a rããkae, la foresta, nostra madre, è malata... e allora nemmeno noi viviamo in buona salute!”

Siamo tutti invitati ad ascoltare la narrazione degli indigeni e la voce degli urihi: la voce della foresta dove Omama (il demiurgo-creatore degli Yanomami) ha collocato gli Yanomami, affinché potessero "essere curati" da essa e "prendersene cura". Il cammino verso l'unico futuro possibile passa attraverso questo ascolto: coltivando la saggezza e la conoscenza della foresta, ascoltando il cuore pulsante della foresta sacra.

* Corrado Dalmonego è missionario della Consolata

Ultima modifica il Domenica, 10 Luglio 2022 08:16

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