RALLEGRATEVI E SVEGLIATE IL MONDO

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Canto iniziale

PRIMA PARTE

La gioia di un incontro che ha cambiato la vita”

Ascolto della Parola di Dio

Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa quanti la amate. Sfavillate di gioia con essa voi tutti che avete partecipato al suo lutto.Poiché così dice il Signore: « Ecco io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la prosperità; come un torrente in piena la ricchezza dei popoli; i suoi bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati.Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; in Gerusalemme sarete consolati.Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore, le vostre ossa saranno rigogliose come erba fresca. La mano del Signore si farà manifesta ai suoi servi”. (Isaia 66, 10-14)

Breve momento di silenzio

Spunti per la riflessione (a più voci)

“Nel chiamarti Dio ti dice: “Tu sei importante per me, ti voglio bene, conto su di te”. Gesù, a ciascuno di noi, dice questo! Di là nasce la gioia! La gioia del momento in cui Gesù mi ha guardato. Capire e sentire questo è il segreto della nostra gioia. Sentirsi amati da Dio, sentire che per Lui noi siamo non numeri, ma persone; e sentire che è Lui che ci chiama”.

“La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”.

Papa Francesco durante l’incontro con i Seminaristi, i Novizie le Novizie affermava“Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia, la gioia... “. La gioia di portare a tutti la consolazione di Dio ( … ) “Non c’è santità nella tristezza!” “Non siate tristi come gli altri che non hanno speranza” (1Ts 4,13).

“Si tratta di lasciare tutto per seguire il Signore. No, non voglio dire radicale. La radicalità evangelica non è solamente dei religiosi: è richiesta a tutti. Ma i religiosi seguono il Signore in maniera speciale, in modo profetico. Io mi attendo da voi questa testimonianza. I religiosi devono essere uomini e donne capaci di svegliare il mondo”.

Commento

La gioia non è inutile ornamento, ma è esigenza e fondamento della vita umana. Nel mondo spesso c’è un deficit di gioia. Come religiosi siamo chiamati a testimoniare la gioia che proviene dalla certezza di sentirci amati, dalla fiducia di essere dei salvati. Siamo chiamati a portare questo messaggio di speranza che dona serenità e gioia: la consolazione di Dio, la sua tenerezza verso tutti. Ma ne possiamo essere portatori se sperimentiamo noi per primi la gioia di essere consolati da Lui, di essere amati da Lui. Papa Francesco ci ammonisce: “Ho trovato alcune volte persone consacrate che hanno paura della consolazione di Dio, e si tormentano, perché hanno paura di questa tenerezza di Dio. Ma non abbiate paura. Non abbiate paura, il Signore è il Signore della consolazione, il Signore della tenerezza. Il Signore è padre e Lui dice che farà con noi come una mamma con il suo bambino, con la sua tenerezza. Non abbiate paura della consolazione del Signore”.

Salmo 121

  • Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore». E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme!


  • Gerusalemme è costruita come città salda e compatta. Là salgono insieme le tribù, le tribù del Signore, secondo la legge di Israele, per lodare il nome del Signore. Là sono posti i seggi del giudizio, i seggi della casa di Davide.


  • Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi. Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: «Su di te sia pace!». Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene.

Per la conversione personale

“Guarda nel profondo del tuo cuore, guarda nell’intimo di te stesso, e domandati: hai un cuore che desidera qualcosa di grande o un cuore addormentato dalle cose? Il tuo cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca o l’hai lasciato soffocare dalle cose, che finiscono per atrofizzarlo? Dio ti attende, ti cerca: che cosa rispondi? Ti sei accorto di questa situazione della tua anima? Oppure dormi? Credi che Dio ti attende o per te questa verità sono soltanto “parole”?

Canto

Ascolto della Parola di Dio

Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: «Che cercate?». Gli risposero: «Rabbì (che significa maestro), dove abiti?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. (Giovanni 1,38-39).

Breve momento di silenzio

Spunti per la riflessione (a più voci)

Gesù, nell’Ultima Cena, si rivolge agli Apostoli con queste parole: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Gv 15, 16). La vocazione è sempre una iniziativa di Dio. È Cristo che ci ha chiamati a seguirlo nella vita consacrata e questo significa compiere continuamente un “esodo” da noi stessi per centrare la vostra esistenza su Cristo e sul suo Vangelo, sulla volontà di Dio, spogliandoci dei nostri progetti, per poter dire con san Paolo: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2, 20).

“Cristo è il sigillo sulla fronte, è il sigillo sul cuore: sulla fronte, perché sempre lo professiamo; sul cuore, perché sempre lo amiamo; è il sigillo sul braccio, perché sempre operiamo”.

La vita consacrata è una continua chiamata a seguire Cristo e ad essere conformati a Lui, cioè a far proprio il modo di esistere e di agire di Gesù. Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i poveri, i suoi gesti, la sua coerenza, la sua generosità quotidiana e semplice, la sua dedizione totale, in concreto si tratta di assumere il suo stile di vita, condividere i suoi rischi e le sue speranze. Tutto di Gesù è prezioso e parla alla nostra vita personale.

Commento

Facciamo un pellegrinaggio interiore, facendo memoria della prima ora, per ritrovarci sulle strade della Palestina o vicino alla barca dell’umile pescatore di Galilea, per contemplare gli inizi di un cammino o meglio di un evento che, inaugurato da Cristo, fa lasciare le reti sulla riva; il banco delle gabelle sul ciglio della strada; le velleità dello zelota tra le intenzioni del passato. Tutti mezzi inadatti per stare con Lui.

La prima cosa, per un discepolo, è stare con il Maestro, ascoltarlo, imparare da Lui. La L’orazione è la fonte di fecondità della missione: coltiviamo la dimensione contemplativa, anche nel vortice degli impegni più urgenti e pesanti. E più la missione vi chiama ad andare verso le periferie esistenziali, più il vostro cuore sia unito a quello di Cristo, pieno di misericordia e di amore.

L’incontro con il Signore, ci mette in movimento, ci spinge ad uscire dall’autoreferenzialità.La relazione con il Signore non è statica, né intimistica: « Chi mette al centro della propria vita Cristo, si decentra! Più ti unisci a Gesù e Lui diventa il centro della tua vita, più Lui ti fa uscire da te stesso, ti decentra e ti apre agli altri. Non siamo al centro, siamo, per così dire, “spostati”, siamo al servizio di Cristo e della Chiesa.

Se non ne siamo convinti, guardiamo ai primi discepoli, che immediatamente dopo aver conosciuto lo sguardo di Gesù, andavano a proclamarlo pieni di gioia: « Abbiamo incontrato il Messia » (Gv1,41). La samaritana, non appena terminato il suo dialogo con Gesù, divenne missionaria, e molti samaritani credettero in Gesù « per la parola della donna » (Gv 4,39). E noi che cosa aspettiamo?

Per la conversione personale

“Possiamo domandarci: sono inquieto per Dio, per annunciarlo, per farlo conoscere? O mi lascio affascinare da quella mondanità spirituale che spinge a fare tutto per amore di se stessi? Noi consacrati pensiamo agli interessi personali, al funzionalismo delle opere, al carrierismo. Mah, tante cose possiamo pensare... Mi sono per così dire “accomodato” nella mia vita cristiana, nella mia vita sacerdotale, nella mia vita religiosa, anche nella mia vita di comunità, o conservo la forza dell’inquietudine per Dio, per la sua Parola, che mi porta ad “andare fuori”, verso gli altri”?

Preghiamo

Aiutaci Signore a rivivere la gioia del momento in cui Tu ci hai guardato, amato e chiamato gratuitamente, a ricordare che lo stare con te richiede condividere la tua vita, le tue scelte, la beatitudine dei poveri, la radicalità dell’amore, fino al dono della vita. Aiutaci ad abbandonarci in te e lasciarci incontrare dal tuo amore e dalla tua misericordia. Per Cristo nostro Signore.

Canto

SECONDA PARTE

Chiamati a portare l’abbraccio di Dio”

Ascolto della Parola di Dio

(…) Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso». (Luca 10, 33-37)

Breve momento di silenzio

Spunti per la riflessione (a più voci)

La gente oggi ha bisogno certamente di parole, ma ha soprattutto bisogno che noi testimoniamo la misericordia, la tenerezza del Signore, che scalda il cuore, che risveglia la speranza, che attira verso il bene. Si aspettano parole di consolazione, prossimità di perdono e di gioia vera.

Siamo chiamati:

  • “ad uscire per dirigerci verso le periferie geografiche, urbane ed esistenziali – quelle del mistero del peccato, del dolore, delle ingiustizie, della miseria –, verso i luoghi nascosti dell’anima dove ogni persona sperimenta la gioia e la sofferenza del vivere”.

  • “a portare a tutti l’abbraccio di Dio, che si china con tenerezza di madre verso di noi: consacrati, segno di umanità piena, facilitatori e non controllori della grazia, chinati nel segno della consolazione”.

Consolate, consolate il mio popolo”(Isaia 40,1-2). Papa Francesco affida noi ai consacrati e alle consacrate questa missione: “trovare il Signore che ci consola come una madre e consolare il popolo di Dio. Dalla gioia dell’incontro con il Signore e della sua chiamata scaturisce il servizio nella Chiesa, la missione: portare agli uomini e alle donne del nostro tempo la consolazione di Dio, testimoniare la Sua misericordia”.

Commento

“Viviamo in una cultura dello scontro, della frammentarietà, dello scarto dove non fa notizia quando muore un barbone per il freddo”, eppure “la povertà è una categoria teologale perché il Figlio di Dio si è abbassato per camminare per le strade. Una Chiesa povera per i poveri incomincia con l’andare verso la carne di Cristo. Se noi andiamo verso la carne di Cristo, incominciamo a capire qualcosa, a capire che cosa sia questa povertà, la povertà del Signore”.

“A volte sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore. Ma Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri. Aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza. Quando lo facciamo, la vita ci si complica sempre meravigliosamente e viviamo l’intensa esperienza di essere popolo, l’esperienza di appartenere a un popolo”. (Evangelii Gaudium. 270)

Per la conversione personale

Quante volte sperimentiamo che l’amore non può ridursi soltanto ad un’opera delle mani dell’uomo, a qualcosa da fare, all’efficienza, a una buona organizzazione di strutture caritative. In questo modo ci offrirebbe un’ottima occasione di protagonismo. Il giusto punto di partenza è considerare sempre che Dio solo è amore, noi abbiamo amore… lo abbiamo solo ricevendolo da una fonte più grande di noi. La nostra carità è partecipazione della carità che è di Dio Padre. Per questo che solo coloro dei quali Gesù, il Buon Samaritano, si prende cura sono abilitati a percorrere ormai il suo stesso cammino compassionevole. Solo se siamo capaci di cogliere l’amore di Dio per noi saremo capaci di amare gli altri… Beati noi se vediamo il Buon Samaritano – Gesù – curvarsi teneramente sulla nostra povera esistenza.


Canto

TERZA PARTE

La tenerezza ci fa bene”

Ascolto della Parola di Dio

Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.( … )vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo. (Efesini 4,1-6.15)

Breve momento di silenzio

Spunti per la riflessione (a più voci)

La fraternità è il primo e più credibile vangelo che possiamo raccontare. Nel tempo in cui la frammentarietà dà ragione a un individualismo sterile e di massa e la debolezza delle relazioni disgrega e sciupa la cura dell’umano, siamo invitati a umanizzare le relazioni di fraternità, a umanizzare le nostre comunità.

Papa Francesco, parlando ai religiosi esorta a: “Curare l’amicizia tra voi, la vita di famiglia, l’amore tra voi. E che il monastero non sia un Purgatorio, che sia una famiglia. I problemi ci sono, ci saranno, ma, come si fa in una famiglia, con amore, cercare la soluzione con amore; non distruggere questa per risolvere questo; non avere competizione. Curare la vita di comunità, perché quando nella vita di comunità è così, di famiglia, è proprio lo Spirito Santo che è nel mezzo della comunità. Sempre con un cuore grande. Lasciando passare, non vantarsi, sopportare tutto, sorridere dal cuore. E il segno ne è la gioia”.

La gioia si consolida nell’esperienza di fraternità, quale luogo teologico, dove ognuno è responsabile della fedeltà al Vangelo e della crescita di ciascuno.

Cifra della fraternità è la tenerezza, una “tenerezza eucaristica”, perché “la tenerezza ci fa bene”. “Una fraternità senza gioia è una fraternità che si spegne. Una fraternità ricca di gioia è un vero dono dell’Alto ai fratelli che sanno chiederlo e che sanno accettarsi impegnandosi nella vita fraterna con fiducia nell’azione dello Spirito”.

Quando una fraternità si ciba dello stesso Corpo e Sangue di Gesù, si riunisce intorno al Figlio di Dio, per condividere il cammino di fede guidato dalla Parola, diviene una cosa sola con lui, è una fraternità in comunione che sperimenta l’amore gratuito e vive in festa, libera, gioiosa, piena di coraggio.

Per la conversione personale

“Questa è una bella, una bella strada alla santità! Non parlare male di altri. “Ma, padre, ci sono problemi...”: dillo al superiore, dillo alla superiora, dillo al vescovo, che può rimediare. Non dirlo a quello che non può aiutare. Questo è importante: fraternità! Ma dimmi, tu parlerai male della tua mamma, del tuo papà, dei tuoi fratelli? Mai. E perché lo fai nella vita consacrata, nel seminario, nella vita presbiterale? Soltanto questo: pensate, pensate... Fraternità! Questo amore fraterno”.

Salmo 132

Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!
È come olio profumato sul capo, che scende sulla barba,
sulla barba di Aronne, che scende sull'orlo della sua veste.
È come rugiada dell'Ermon, che scende sui monti di Sion.
Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre.

Invocazioni

Signore aiutaci a compiere un esodo da noi stessi ad uscire dalla porta per cercare e incontrare, a metterci in un cammino di servizio. Ad avere il coraggio di andare controcorrente a questa cultura efficientista, a questa cultura dello scarto, attraverso l’incontro e l’accoglienza di tutti, la solidarietà e la fraternità, che rendono la nostra civiltà veramente umana. Preghiamo

Ti preghiamo, Signore di non dimenticare che “il fantasma da combattere è l’immagine della vita religiosa intesa come rifugio” davanti a un mondo esterno difficile e complesso. Dacci il coraggio di “uscire dal nido”, per abitare la vita degli uomini e delle donne del nostro tempo, e consegnare noi stessi a Dio e al prossimo. Preghiamo

Fa, o Signore che diventiamo “icone viventi della maternità e della prossimità della Chiesa” che va verso coloro che attendono la Parola della consolazione chinandoci con amore materno e spirito paterno verso i poveri e i deboli, per cercare sempre, senza sosta, il bene dell’altro, della persona amata”. Preghiamo

QUARTA PARTE

Svegliate il mondo”

Ascolto della Parola di Dio

“ … Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste…” (Luca 24, 13-17)

Breve momento di silenzio

Spunti per la riflessione (a più voci)

Sulla strada di Emmaus, come Gesù con i discepoli, accogliamo nella compagnia feriale le gioie e i dolori della gente, dando “ calore al cuore” mentre attendiamo con tenerezza gli stanchi, i deboli, affinché il cammino comune abbia in Cristo luce e significato.

Sulla strada di Emmaus “la Chiesa deve essere attrattiva”. Così ci esorta Papa Francesco: “Svegliate il mondo! Siate testimoni di un modo diverso di fare, di agire, di vivere! È possibile vivere diversamente in questo mondo. Io mi attendo da voi questa testimonianza”

Affidandoci il compito di svegliare il mondo il Papa ci spinge ad incontrare le storie degli uomini e delle donne di oggi con la novità del Vangelo che diventa “buona notizia” solo nella vicinanza e l’incontro.

Come religiosi e religiose siamo invitati “A spogliarci di ogni azione che non è per Dio, non è di Dio; dalla paura di aprire le porte e di uscire incontro a tutti, specialmente dei più poveri, bisognosi, lontani, senza aspettare; per portare con coraggio la luce di Cristo, la luce del Vangelo, anche nel buio, dove non si vede, dove può succedere di inciampare; per spogliarsi della tranquillità apparente che danno le strutture, certamente necessarie e importanti, ma che non devono oscurare mai l’unica vera forza che porta in sé: quella di Dio. Lui è la nostra forza!”

Gesù ci insegna la libertà necessaria per trovare sempre la novità del vangelo nella nostra vita e anche nelle strutture. La libertà di scegliere otri nuoviper questa novità.”

Siamo invitati ad essere uomini e donne audaci, di frontiera: “La nostra non è una fede-laboratorio, ma una fede-cammino, una fede storica. Dio si è rivelato come storia, non come un compendio di verità astratte. Non bisogna portarsi la frontiera a casa, ma vivere in frontiera ed essere audaci”.

Per la conversione personale

“Una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo. Ecco la domanda che dobbiamo porci: abbiamo anche noi grandi visioni e slancio? Siamo anche noi audaci? Il nostro sogno vola alto? Lo zelo ci divora (Salmo 69, 10)? Oppure siamo mediocri e ci accontentiamo delle nostre programmazioni apostoliche di laboratorio”?

Preghiamo

Signore, dacci un “cuore missionario” che ha conosciuto la gioia della salvezza di Cristo e la condivide come consolazione nel segno del limite umano. Aiutaci a crescere nella comprensione del Vangelo e nel discernimento dei sentieri dello Spirito, a non rinuncia al bene possibile, bensì a sporcarci col fango dellastrada”. Per Cristo nostro Signore.

A Maria, Madre della gioia

Chiediamo a Maria che ci aiuti ad aprirci sempre alla novità di Dio.

“Ai piedi della croce, Maria è donna del dolore e al contempo della vigilante attesa di un mistero, più grande del dolore, che sta per compiersi. Tutto sembra veramente finito; ogni speranza potrebbe dirsi spenta. Anche lei, in quel momento, ricordando le promesse dell’annunciazione avrebbe potuto dire: non si sono avverate, sono stata ingannata. Ma non lo ha detto. Eppure lei, beata perché ha creduto, da questa sua fede vede sbocciare il futuro nuovo e attende con speranza il domani di Dio. A volte penso: noi sappiamo aspettare il domani di Dio? O vogliamo l’oggi? Il domani di Dio per lei è l’alba del mattino di Pasqua, di quel giorno primo della settimana. Ci farà bene pensare, nella contemplazione, all’abbraccio del figlio con la madre. L’unica lampada accesa al sepolcro di Gesù è la speranza della madre, che in quel momento è la speranza di tutta l’umanità. Domando a me e a voi: nei Monasteri è ancora accesa questa lampada? Nei monasteri si aspetta il domani di Dio”?

Ecco la serva del Signore (Lc 1, 38). La serva del Signore, corre in tutta fretta, per farsi serva degli uomini. In Maria è la Chiesa tutta che cammina insieme: nella carità di chi si muove verso chi è più fragile; nella speranza di chi sa che sarà accompagnato in questo suo andare e nella fede di chi ha un dono speciale da condividere. In Maria ognuno di noi, sospinto dal vento dello Spirito vive la propria vocazione ad andare!

Tutti insieme

Ti preghiamo, Stella della nuova evangelizzazione, aiutaci a risplendere nella testimonianza della comunione, del servizio, della fede ardente e generosa,  della giustizia e dell’amore verso i poveri,  perché la gioia del Vangelo  giunga sino ai confini della terra e nessuna periferia sia priva della sua luce.  Madre del Vangelo vivente,  sorgente di gioia per i piccoli,  prega per noi.  Amen. Alleluia.

Padre Nostro

Canto finale





 


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