XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

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La preghiera è un cammino nella prospettiva del Regno

 

Gen 18,20-21.23-32. Abramo supplica e insiste nel chiedere perdono in nome di presenze innocenti. Per non danneggiare chi non ha colpa si può anche non castigare chi se lo merita.

Col  2,12-14. Essere perdonati vuol dire passare a un rinnovamento radicale: la risurrezione.

Lc 11,1-13. Gesù insegna a pregare disegnando un modo nuovo e una capacità nuova per capire la vita e  proiettarla con lo sguardo rivolto al Regno: con perdono e amore. Credo che quando preghiamo il Padre nostro dobbiamo chiederci se abbiamo dei debitori: se c’è qualcuno a cui abbiamo dato un pane non una pietra, una risposta valida  e non un altro sbaglio, una amicizia sempre disposta e una porta sempre aperta.

 

La prima difficoltà reale è che non sappiamo pregare come si deve. Gesù stesso prega per noi (Rm 8, 26-27).  La seconda difficoltà è che ci costa ammettere che Dio sempre mi da quello di cui ho bisogno. Noi invece vorremmo ricevere esattamente quello che chiediamo. Un'altra difficoltà è che Dio lo sentiamo poco o niente. Insegnano che sta vicino, che mi ama, che mi pensa, però non lo sento al mio lato come persona. Se Dio è una trinità di persone con azioni e consegna di grazia sopra grazia, perché rimane sempre un essere misterioso, sconosciuto, invisibile, indecifrabile e per vederlo faccia a faccia debbo aspettare il cielo? La preghiera merita maggior considerazione perché è certamente un dono, in modo da vedere al di là dei miei poveri occhi, oltre la insufficiente sensibilità del mio cuore. Gli apostoli conoscevano le 150 orazioni dei Salmi per pregare senza dubbio nei vari momenti della giornata. Però quando Gesù pregava notavano che lui vedeva qualcosa e si incontrava con qualcuno. Insegnaci a pregare e vedere come fai tu. E Gesù spiegò che nella sua orazione si incontrava con il Padre per conoscere e preparare il compimento della sua volontà. Gesù si fa fratello nostro perché anche noi siamo amati da Dio Padre e possiamo avere un posto nella grande casa. Gesù continua ad agire così anche nella Eucaristia dove crea e moltiplica la sua presenza. La mia preghiera diventerà sforzo per lavorare la presenza di Gesù, per far presente il suo amore, la sua vicinanza, la sua compassione, la sua misericordia. La gente che sta male, che rimane sola, su che presenza può contare? Forse un famigliare, una badante, forse un medico gentile, forse anche vicini compassionevoli. Se io mi incarnassi nella presenza di Gesù e diventassi come Gesù: attento, delicato, amabile, considerato, affettuoso, gradevole, pronto e vicino, prossimo e responsabile, non sarebbe tutto stupendo e meraviglioso? Allora essere come Gesù e creare la sua presenza negli altri diventerebbe lo stesso che costruirsi e dipingersi come icona viva del Signore.

 

Quando Gesù entrò nel Tempio non vide nessuna bontà ma solo interesse, egoismo, vanagloria, ambizione, avarizia e inganno. Allora disse: non è la casa di mio Padre, perchè uno gode e altri soffrono. Allora non è casa di preghiera perché  Dio non è presente. Pregare vuol dire lasciarsi condurre e arrivare ad essere un amico buono che risponderà con adesione giusta e appropriata. Sarò disposto a compiere quello che mi indica il Signore. 

 

 

 


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